Pompe di calore

Chi è l'autore di questo testo, ovvero io? Non sono né un venditore, né un installatore, né uno che lavora nel mondo del riscaldamento o del condizionamento; sono semplicemente una persona che, volendo installare un buon impianto di riscaldamento a casa propria, ha avuto occasione di interessarsi all'argomento e, siccome non esiste una cosa, per quanto complicata, che studiandola meglio non diventi ancora più complicata, sono arrivato a scoprire tutto quello che trovate qui...

Durante le mie visite giovanili alle varie fiere (di Roma) avevo notato questo strano nome, pompa di calore, e mi ero domandato quale fosse il suo vantaggio. Me ne sono innamorato, però, una quindicina d'anni fa, andando a trovare un mio amico negli USA che ne aveva una a casa (lì sono diffusissime...). Me ne sono innamorato per la facilità d'uso, per il fatto di mantenere sempre la giusta temperatura d'estate e d'inverno, per la velocità con cui raggiunge la medesima, e per la sua ecologia. Da questo a decidere di montarne una a casa, quando fosse venuto il momento, non c'è voluto molto. La scelta sul mercato c'è, bastava scegliere quella giusta; ed ecco cosa ho scoperto; spero solo che questo mio sforzo per condividere il frutto di tante ricerche possa essere apprezzato ed utile a chi abbia intenzione di seguire la stessa strada...

(nota per la lettura: cliccando "versione adatta alla stampa" potrete leggere tutti i capitoli in un'unica pagina) 

I lati negativi

Fin qui, tutto sembra abbastanza semplice e bello: basta montare una pompa di calore e si risparmiano soldi! In realtà, come tutte le cose reali, la pompa di calore ha anche una serie di difetti. Il primo è il prezzo d'acquisto: la pompa di calore costa di più e, per recuperare questa differenza di prezzo, occorrono diversi anni; e se la differenza è notevole, non ne vale più la pena; o almeno, può interessare solo se si mette sul piatto della bilancia anche il fatto di avere il fresco d'estate ed il minore inquinamento.

C'è poi un altro problema: mentre le prestazioni di una caldaia tradizionale, a gas o elettrica che sia, non dipendono dalla temperatura esterna, quelle di una pompa di calore ne vengono, invece, fortemente influenzate. Questo vuol dire che se la temperatura esterna scende, diventa sempre più "costoso" (in termini energetici, e di conseguenza economici) pompare calore dall'esterno all'interno. Non c'è da meravigliarsi, è chiaro che maggiore è il salto di temperatura e maggiore è il "gradino" che bisogna far scavalcare al calore per farlo andare in direzione opposta a dove vorrebbe lui...

Quando vi propongono le specifiche tecniche dell'apparecchio, esse già non sono facilissime da leggere (ma a questo speriamo di porre rimedio più avanti); ma occorre anche tenere presente che esse sono riferite a condizioni di lavoro (temperatura ed umidità) ben precise, che normalmente sono una temperatura esterna di 7°, ed una interna di 20°. Questo vuol dire che, se a Roma una pompa di calore può far risparmiare circa il 10%, a Catania può far risparmiare il 20, mentre sulle Dolomiti costa il doppio del metano! (le cifre sono totalmente inventate). Inoltre costa molto più riscaldarsi di notte che di giorno (per l'aria condizionata valgono ovviamente le considerazioni opposte).

In altri paesi (primo fra tutti: gli Stati Uniti) la pompa di calore è diffusissima; i prezzi sono molto accessibili, gli installatori tanti, la scelta tra i tipi di pompa di calore (aria-aria, ma anche aria-acqua, acqua-acqua, aria-terreno, roba mai vista da noi...) è vastissima, la produzione è normalmente di ottimo livello e certificata da enti indipendenti e controllata da agenzie governative... insomma una situazione che tutela il consumatore molto più che da noi. Non ci resta che sperare in una maggiore diffusione anche da noi; e in questo senso, quello che state leggendo è il mio piccolo contributo...

La pompa di calore, oltre ad essere comoda, conviene?

Per dare una risposta a questa domanda dobbiamo per forza fare qualche conto.

Il gas viene pagato in metri cubi o calorie, mentre l'elettricità si paga in chilowatt; per confrontare le due cose dobbiamo per prima cosa riportare le due misure a qualcosa di comune, in modo da confrontare "mele con mele".

Una prima difficoltà, infatti, sta nel fatto che il gas lo paghiamo a metri cubi o a calorie, il gasolio a litri, e l'elettricità a chilowattora. Per fortuna, un fondamentale esperimento di fisica, noto come "esperienza di Joule", ha stabilito l'equivalenza tra calore (calorie) e lavoro (Joule). In altre parole, una caloria ed un Joule sono la stessa "cosa", solo che si misurano con "metri" diversi. Per i precisi, una caloria è pari a 4,18 Joule.

Un consumo di 1 Watt equivale ad 1 Joule al secondo (il Joule è l'unità di misura del lavoro). Un chilowattora (kWh - quello che paghiamo in bolletta) equivale al consumo di 1000 Watt per un'ora, ossia a 3.600.000 Joule (3.6 megaJoule).

Un metro cubo di metano, bruciando, produce circa 9200 (grandi) calorie; per lo meno questo ci dice la bolletta Italgas...

Ora abbiamo le conversioni necessarie per mettere le bollette (previste) del gas e della luce l'una accanto all'altro, confrontando il costo dell'elettricità e del metano (la "roba da bruciare" che costa di meno), riferendo il costo ad una misura unica, ad esempio il kilowatt.

Dalle mie parti, un metro cubo di metano per uso riscaldamento costa, tra addizionali e tasse, (a.d. 1999) 1089 lire al metro cubo (quello per cucina e acqua calda qualcosa di meno), ovvero 1089/9.2=118.4 lire a megacaloria (una megacaloria è pari a 1.000.000 di calorie). Questo vuol dire che un kW di energia ricavato dal gas costa 118.4*3.6/4.18=102 lire/kW. Il costo di un kW "elettrico", a seconda del contratto, oscilla tra le 249 e le 279 lire. Questo vuol dire che l'elettricità costa almeno due volte e mezzo più del metano; col che possiamo capire perchà non convenga riscaldare la casa elettricamente...

Se però, come abbiamo detto, con 1 kW di elettricità ad una pompa di calore riusciamo a generarne 3 o 4 di calore, le cose cambiano: se dividiamo per queste cifre il costo di un kW elettrico, otteniamo che il riscaldamento a pompa di calore oscilla tra le 62 e le 93 lire a kW, cioè dal 9 al 39% in meno del metano!

Al risparmio sul combustibile occorre sommare il risparmio sulla manutenzione periodica: infatti, mentre una caldaia tradizionale deve essere revisionata almeno ogni anno, una pompa di calore ben installata e tenuta può lavorare per anni senza un avvertibile decadimento di prestazioni. Ed infatti non vi è alcun obbligo di revisione.

Come leggere le caratteristiche tecniche di una PdC

Lo dico subito: in questa parte trovere una serie di informazioni tecnicamente non alla portata di tutti. Comunque provate a leggere e, se proprio non riuscite a capirci nulla, potete sempre saltare oltre. Se invece siete curiosi di sapere che cosa state acquistando, ma siete confusi dalle sigle misteriose che appaiono nelle caratteristiche tecniche, questo è il posto giusto per voi.

Un consiglio: quando vi fate fare un preventivo per un impianto, fatevi sempre specificare marca e modello dell'apparecchio proposto dall'installatore. Fatevi anche dare TUTTE le caratteristiche tecniche, per capire se state aquistando un prodotto adatto a voi. Insistete, se necessario. Vi servirà anche in futuro, quando si tratterà di modificare o sostituire l'impianto.

Le unità di misura

Un mio amico, quando voleva indicare un dato in modo che non si capisse se fosse poco o tanto, diceva che era misurato in "Fulton al mese". Ecco, per la misurazione delle prestazioni delle pompe di calore sono state create unità di misura che ricordano molto i "Fulton al mese"; ma chi ha le opportune informazioni ed una buona calcolatrice può sempre tirarsi fuori dall'impasse. Tanto per cominciare specifichiamo meglio le differenze tra lavoro, potenza e calore. Il lavoro è, intuitivamente, quanto è compiuto da qualcosa, indipendentemente dal tempo che ci è voluto per compierlo. La potenza è la capacità di compiere lavoro per unità di tempo: un motore di potenza doppia rispetto ad un'altro ha la capacità di compiere il doppio del lavoro nello stesso tempo, oppure lo stesso lavoro in metà tempo. Quando facciamo un contratto elettrico, stabiliamo la potenza massima che potremo prelevare dalla rete elettrica, indipendentemente dalla quantità di energia che consumeremo in realtà. La bolletta elettrica che paghiamo dipende sia dalla potenza massima - in misura fissa -, sia dalla quantità di energia (misurata al contatore) che abbiamo consumato. Il calore, in effetti, come già ricordato non è altro che lavoro; possiamo trasformare attraverso delle macchine calore in lavoro e viceversa (con certi limiti). Il calore, quindi, è un'altra forma di energia. La capacità di fornire calore per unità di tempo, di nuovo, non è altro che una misura di potenza.

Ecco un esempio delle unità di misura impiegate; perdonate la puntigliosità di certe distinzioni, ma è colpa della mia formazione.

A livello di curiosità riporto anche come nascono queste unità di misura:

Possono tornare comode le seguenti tabelle di conversione:

Energia (lavoro=potenza*tempo)
J (=W*s) kWh kcal BTU
1 0,2778*10-6 0.239*10-3 0,948*10-3
3,6*106 1 860 3413
4186,8 1,163*10-3 1 3,9685
1055 0,293*10-3 0,25198 1
Potenza (capacità=lavoro/tempo)
kW (=kJ/s) kcal/h CV BTU/h TON
1 860 1,34 3412 0,284
1,163*10-3 1 1,56*10-3 3,97 330,7*10-6
0,7457 642 1 2550 0,2123
0,293*10-3 0,252 0,393*10-3 1 83,3*10-6
3,5168 3024 4,71 12000 1

Alcuni siti dove trovare maggiori informazioni sulle unità di misura termodinamiche e sulla loro conversione li trovate nella sezione siti utili.

Le caratteristiche tecniche

Fatta questa doverosa introduzione sulle unità di misura, passiamo a leggere le caratteristiche di un apparecchio tipico.

Potenza assorbita: è la quantità di "combustibile", sia esso elettricità che gas, che la pompa utilizza per funzionare: è, in sostanza, quello che andremo a pagare in bolletta.

Potenza resa: è la quantità di calore che, in un'ora, la nostra pompa sarà in grado di fornire o di assorbire dall'ambiente climatizzato. Quanto maggiore è potenza resa (a parità di quella assorbita), meno andremo a pagare di bolletta...

Occorre porre attenzione al fatto che le caratteristiche sono misurate in condizioni ambientali e di installazione ben precise, al variare delle quali si possono verificare variazioni di rendimento anche significative. La più importante è la temperatura tra cui lavora l'impianto; pressoché tutti effettuano la misura nelle condizioni:

  Funzionamento in riscaldamento Funzionamento in raffrescamento
Temperatura interna 20° Bulbo secco (DB=Dry Bulb) /
12° Bulbo umido (WB=Wet Bulb)
27° Bulbo secco (DB=Dry Bulb) /
19° Bulbo umido (WB=Wet Bulb)
Temperatura esterna 7° Bulbo secco (DB=Dry Bulb) /
6° Bulbo umido (WB=Wet Bulb)
35° Bulbo secco (DB=Dry Bulb) /
24° Bulbo umido (WB=Wet Bulb)

Cosa vogliono dire bulbo secco e bulbo umido? Normalmente noi, come si può immaginare, la temperatura la misuriamo con il bulbo del termometro asciutto; tuttavia, se mettiamo un panno bagnato intorno al bulbo, l'acqua evaporando da questo abbasserà la temperatura; tanto più l'aria è secca, tanto più è veloce l'evaporazione, tanto maggiore sarà questo abbassamento. In realtà, quindi, questo abbassamento è una misura di umidità; è anche quest'ultima, oltre alla temperatura, ad influenzare sia la potenza assorbita che (soprattutto) quella resa.

Altro parametro da considerare è la lunghezza delle tubature: maggiore la lunghezza ed il numero di curve, maggiori le perdite e di conseguenza minore il rendimento; il costruttore normalmente indica la lunghezza con cui è stata effettuata la misura, dando per scontato che si tratta di tubi rettilinei ed orizzontali. Un'ulteriore variabile potrebbe essere la tensione di alimentazione (es. 230 Volt piuttosto che 220).

In realtà, comunque, la maggiore influenza è data dalla temperatura esterna (dato che quella interna è abbastanza costante) e dall'umidità dal lato più freddo, ossia all'esterno in riscaldamento ed all'interno in raffrescamento.

Il rapporto tra potenza resa e potenza assorbita si chiama efficienza (normalmente indicata con COP, da "Coefficient of Performance", coefficiente di prestazione). Un COP inferiore a 3 è da evitare, ed uno superiore a 3,5 è ottimo. Tuttavia, come abbiamo detto, qualsiasi variazione rispetto alle condizioni nominali influenzerà sicuramente questi parametri, in misura in buona parte sconosciuta; come vedremo tra poco, quindi, esistono parametri che indicano con maggiore precisione la qualità della pompa a tutte le temperature.

Il COP reale, quindi, varia in base alla differenza tra temperatura interna ed esterna. Se fuori ci sono 15 gradi, il COP è molto elevato, in più la quantità di calore richiesta è inferiore, quindi il costo del riscaldamento crolla. Se viceversa la temperatura esterna scende di diversi gradi sotto lo zero, il COP diventa molto più basso, tanto che il calore introdotto in casa proviene quasi esclusivamente dall'elettricità consumata, con una spesa elevatissima; ci sono pompe di calore che, in queste condizioni, si fanno aiutare da una resistenza elettrica per tentare di mantenere accettabile la temperatura interna, ovviamente a scapito dei costi; se si vive in zone dove la temperatura è spesso sotto zero, è praticamente indispensabile affiancare alla pompa di calore una caldaia tradizionale, limitando l'uso della pompa di calore all'inizio ed alla fine della stagione fredda (ci sono studi che dicono che anche in queste situazioni si può avere un risparmio)..

In sostanza, l'efficienza della pompa di calore è una funzione della differenza di temperatura tra interno ed esterno. A seconda dei climi per cui è progettata, la curva che descrive il COP può essere molto diversa. Per chi ha qualche nozione di termodinamica, la pompa di calore deve ovviamente rispettare i suoi princìpi fondamentali, (il terzo in particolare); dai dati sperimentali si ricava che le pompe odierne hanno un'efficienza di circa un terzo della massima teorica, e questo vuol dire che lo sviluppo tecnologico può ancora fare molto per migliorarle. A seconda del clima del posto in cui ci si trova, quindi, la stessa pompa di calore può avere costi di gestione molto diversi. Forse è proprio a causa di tutte queste incertezze che da noi la pompa di calore è ancora semisconosciuta. Per sapere quale installare, bisognerebbe raccogliere dati statistici sul posto per diversi anni, poi applicarli alle diverse pompe di calore, scegliendo la più indicata.

Grafico efficienza vs. temperatura esternaTanto per avere un'idea, a lato trovate il grafico delle prestazioni di una pompa di calore commerciale.

Come si vede, al diminuire della temperatura cala sia la potenza assorbita che il rendimento, e quindi la potenza resa (che è il prodotto dei due) cala ancora più rapidamente. A zero gradi la potenza fornita è circa il 75% di quella nominale (ossia di quella - lo ricordo - a 7°C).

Ho detto che l'efficienza viene indicata come COP; questo è inesatto, perché si parla di COP solo durante il funzionamento in riscaldamento; per il funzionamento in raffrescamento si parla invece di EER (Energy Efficiency Ratio, indice di efficienza energetica), che è sempre una misura di efficienza ma, tanto per complicare le cose, non viene indicata dagli anglosassoni come numero puro (come il COP, in kW/kW, o kCal/kCal, o BTU/BTU), ma in BTU/Wh; poiché 1 Wh (= 1/1000 di kWh) è pari a 3,413 BTU si ha che, per ottenere l'EER "nostrano" (il COP "estivo") bisogna dividere l'EER per 3,413.

Senza conoscere il rendimento alle varie temperature è praticamente impossibile valutare il rendimento medio di una certa pompa di calore; ma, diciamoci la verità, anche conoscendolo la difficoltà rimane... Negli USA, come per molte altre cose, sono molto più avanti di noi sulla diffusione delle pompe di calore come sorgente di riscaldamento, mentre quasi non esiste abitazione o ufficio privo di condizionatore. Così, per semplificare la vita ad utenti ed installatori, sono stati inventati una serie di parametri che servono a valutare la bontà di un prodotto in modo molto più semplice. Esiste anche un'agenzia governativa, l'EREN che si occupa di promuovere la diffusione delle pompe di calore, e l'associazione indipendente dei produttori, l'ARI, che ne certifica le caratteristiche, e fornisce una lista di tutte le marche e modelli.

Comunque sia, abbiamo detto che sia il COP che l'EER sono misure limitate, poiché si riferiscono ad una singola condizione di funzionamento (temperatura ed umidità interna ed esterna), ma non dicono assolutamente quale sia il rendimento medio che ci aspettiamo in condizioni reali, ossia al variare della temperatura esterna. Gli statunitensi hanno creato quindi altri due parametri, utilissimi per gli utenti: l'HSPF ed il SEER.

Si immagina di porre la pompa di calore/condizionatore in un clima tipico, "campione", e farla funzionare per un'intera stagione, da ottobre a maggio oppure da giugno a settembre, e di misurare il rapporto tra energia consumata ed energia resa durante tutto il periodo. È chiaro che, nel corso della stagione, la differenza di temperatura è all'inizio minima, si farà massima in pieno inverno o estate, per poi diminuire nuovamente. L'HSPF (Heating Seasonal Performance Factor, fattore di prestazione stagionale in riscaldamento) è, come dice il nome, il parametro per la stagione invernale, mentre il SEER (Seasonal Energy Efficiency Ratio, indice di efficienza energetica stagionale) è quello estivo; è chiaro che questi parametri non dipendono dalle prestazioni ad una sola temperatura, ma piuttosto dall'intera gamma di temperature che si possono presentare in un'intera stagione. Essi, indicati e certificati su tutti gli apparecchi commercializzati negli USA, non sono mai presenti sulle specifiche italiane. In parte ciò è giustificato dal fatto che l'HSPF ed il SEER sono calcolati sul clima medio "statistico", ossia una serie di temperature diverse, ciascuna con un proprio "peso" percentuale, rappresentative del "clima medio" degli USA; tuttavia non ci vorrebbe molto a farne una versione europea o italiana, dato che il produttore non ha difficoltà a misurarli.

Se andate a paragonare, ad esempio, il SEER e l'EER di due condizionatori, avrete diverse sorprese; ad esempio, due apparecchi con EER molto simile possono avere SEER molto differenti; e gli apparecchi con il SEER più elevato hanno un EER niente affatto dei migliori. Questo conferma che l'indicazione fornita dal solo COP o dall'EER non è assolutamente sufficiente.

Le regolamentazioni americane vietano la commercializzazione di pompe di calore con SEER inferiore a 10; valori medi correnti sono di circa 13/15, il massimo finora raggiunto è di 17. Rispetto a pochi anni fa, il SEER e l'HSPF delle pompe di calore sono in continuo aumento, e quindi il risparmio è sempre maggiore. Il fatto che esiste un vincolo sul SEER e non sull'HSPF indica che, mentre molti statunitensi non hanno una pompa di calore (ma comunque sempre più che da noi), praticamente tutti hanno un condizionatore; in effetti, esistono regioni, come la Florida, ma anche la zona di Washington, che devono il loro sviluppo demografico proprio all'invenzione del condizionatore, in assenza del quale ben poche persone le troverebbero attraenti... Ecco perché vi è una maggiore attenzione a queste problematiche.

Conoscendo l'HSPF della pompa di calore di interesse, se abitiamo in una zona con un clima non troppo dissimile da quello "campione", sarebbe semplicissimo calcolare il costo d'esercizio di una pompa di calore elettrica rispetto al metano: basta desumere dalla bolletta il consumo di quest'ultimo in metri cubi, trasformarlo in calore (al solito, ogni metro cubo è pari a 9200 kcal.), e dividere per l'HPFS; si otterrà il consumo di elettricità, sempre durante un'intera stagione, e dal costo per chilowatt si ricava il costo della bolletta elettrica!

Per sapere quindi quanto si può risparmiare con una pompa di calore bisognerebbe sapere non tanto le sue prestazioni a 7°C, ma per ogni temperatura esterna, facendo un calcolo medio in base alle distribuzione statistica della temperatura invernale nella propria zona. Complicatissimo, praticamente impossibile? Ma niente affatto! La norma UNI 10349, a disposizione di ogni progettista, specifica le statistiche climatiche (vento e temperatura) per ogni comune d'Italia, da impiegarsi nel progetto degli impianti di riscaldamento (!), mentre le prestazioni della pompa di calore sono perfettamente note ad ogni costruttore... Ci vorrebbe solo la buona volontà di fornirle (c'è qualcuno che mi sente, là fuori???). Nei soliti Stati Uniti, esistono programmi che, impiegando i corrispondenti dati climatici di quei luoghi, e le curve caratteristiche (che lì i produttori forniscono, e certificano, anche!), possono calcolare al dollaro, e mettere a confronto, il costo di un inverno con ogni modello di pompa di calore ed anche tra diversi tipi di riscaldamento (tradizionale, pompa aria-terreno, ecc...)!

Qui in Italia bisogna ancora andare a spanne; tenete conto che a Roma la temperatura di progetto (ossia quella minima normalmente attesa) è di 0°, e la media invernale è di poco inferiore ai 7° già citati.

La pompa di calore e l'ecologia

La pompa di calore è ecologica. Il fatto di poterci riscaldare non con il solo bruciare combustibili, ma utilizzando il calore già presente nell'aria più una ridotta quantità di elettricità, significa globalmente ridurre la quantità di calore riversata nell'atmosfera, consumare meno, e non inquinare l'aria delle nostre città. È vero che, per produrre l'elettricità, la centrale elettrica brucia sempre petrolio, ma lo fa in un impianto più grande e quindi più efficiente, costantemente sotto controllo e comunque in quantità inferiore; inoltre lo fa lontano dalle nostre già fin troppo inquinate città. È vero che, producendo elettricità lontano dal punto di utilizzo, una parte di questa va dispersa nell'impianto di distribuzione; ma si tratta di una quota inferiore al 5%, ovvero molto meno della maggiore efficienza della pompa di calore.

C'è poi da considerare che la rapidità con cui la pompa di calore riscalda gli ambienti consente di accenderla solo quando serve veramente; è l'ideale per la seconda casa al mare.

Un discorso a parte merita il problema del buco dell'ozono; le pompe di calore contengono infatti clorofluorocarburi (i famosi CFC) che nuocciono allo strato di ozono. Per fortuna, già da qualche anno i dannosissimi CFC di vecchia formulazione non sono più utilizzati sulle macchine di nuova produzione; il fluido più usato del momento è l'R22, che, pur essendo molto meno dannoso, non è del tutto innocuo. È già pronta una gamma di fluidi per sostituirlo, ma ognuno di essi è inferiore all'R22 in qualche caratteristica. Speriamo che i costruttori riescano a studiare le pompe di calore del nuovo decennio con prestazioni non inferiori alle attuali, o addirittura superiori...

Insomma, sono fermamente convinto che, utilizzando una pompa di calore, si rispetti l'ambiente. A patto di non esagerare troppo con l'aria condizionata... D'estate una temperatura di 25/27 gradi dovrebbe essere già sufficiente a garantire un comfort adeguato.

I tipi di pompa di calore

So già che, chi pensa alla pompa di calore, pensa ad un impianto canalizzato (quegli enormi tubi metallici rettangolari che corrono nei corridoi di molti uffici), oppure ai "termosifoni col ventilatore" (i ventilconvettori) che si accendono e si spengono con l'interruttore.

In realtà di pompe di calore ve ne sono di moltissimi tipi; le applicazioni, poi, sono le più disparate, potendo essere impiegate non solo per il riscaldamento ambientale, ma anche per la produzione di acqua calda, oppure negli essiccatoi industriali, ed in generale in tutte le situazioni in cui si richiede calore a temperatura non molto elevata.

Noi però abbiamo scelto di occuparci della pompa di calore per il riscaldamento domestico. In questa parte ho tentato di tracciare una panoramica mirata alle appartenenti a questa categoria, e di indicarne pregi e difetti, oltre che mettere in evidenza, per ognuna, le caratteristiche da valutare.

Pompe di calore a gas

Le pompe di calore, per funzionare, hanno bisogno di una fonte di energia meccanica per azionare un compressore; questa è normalmente fornita dall'elettricità, ma sono già disponibili alcuni modelli che utilizzano il gas (metano). La York, ad esempio, ha realizzato già diversi anni fa una pompa di calore azionata da un motore Stirling a metano, che può riscaldare e raffreddare una casa di grandi dimensioni; si chiama Triathlon. Il costo è elevatissimo, ma permette di non cambiare il contratto elettrico, ed anche il consumo di gas è irrisorio; in pratica, è come caldaia ha un rendimento del 140% anziché l'80-90 usuale, che oltretutto può produrre fresco, cosa ovviamente proibita ad una caldaia normale. Ho visto anche altri prodotti simili di altri costruttori, ma sia prezzo che capacità sono analoghi (oltre 10mila Euro per 17 kW in raffreddamento e 28 in riscaldamento - decisamente molto di più di quanto necessita ad un singolo alloggio).

Pompe a 220 o 380 volt

Se si opta per il riscaldamento elettrico, il consumo, per appartamenti non minuscoli, può facilmente superare il 3 kW; in questo caso occorre fare un nuovo contratto di fornitura elettrica, rinunciando agli sconti tariffari per le utenze "casalinghe". C'è la possibilità di pagare poco più di un contratto agevolato facendo un contratto cosiddetto "pompa di calore", e ve ne parlo più avanti visto che quasi nessun installatore vi sa dare informazioni in proposito.

Comunque in questi casi conviene, se possibile, saltare oltre la classica fornitura a 220 volt monofase e richiedere direttamente una trifase a 380; se confrontate le caratteristiche di tutti gli apparecchi, infatti, scoprirete che le versioni a 380 volt, a parità di tutto il resto, consumano il 5-7% in meno, ed il vantaggio cresce man mano che la potenza aumenta.

Pompe di calore con resistenza ausiliare

Come già detto, la potenza fornita da qualsiasi pompa di calore scende man mano che la temperatura esterna scende, ossia proprio quando ce ne sarebbe più bisogno. Al di sotto di una certa temperatura esterna, la pompa "non ce la fa più"; alcuni costruttori (ad esempio la Daikin) fanno entrare in funzione delle resistenze elettriche (poste nelle unità interne) che forniscono del calore ausiliario, ma ovviamente fanno anche salire paurosamente la bolletta. La potenza di queste resistenze è dell'ordine di qualche chilowatt; attenzione a non confonderle con le resistenze di sbrinamento, che servono a riscaldare alcuni componenti esterni, e che non superano i 30/50 watt.

Tipo di compressore

Il compressore è in effetti il "cuore" della pompa di calore o del condizionatore: la sua funzione è quella di trasformare il fluido refrigerante da gas a liquido, consentendogli così di liberare calore che verrà utilizzato là dove serve. Tra i modelli "casalinghi" si trovano normalmente pompe di calore con compressore "scroll" oppure alternativo. Il nome del primo (letteralmente "rotolo") dipende dal fatto che è realizzato a forma di foglio metallico arrotolato; normalmente i compressori scroll sono più efficienti, ma hanno una minore potenza; per questo nelle pompe di potenza maggiore normalmente non vengono impiegati.

Sorgente di calore esterna

La maggioranza (in Italia direi la quasi totalità) di quelle in circolazione sono le pompe di calore che usano l'aria esterna come fonte di calore, per motivi di semplicità e di costo. Purtroppo sono anche le prime a perdere colpi quando fuori comincia a fare veramente freddo; negli USA, invece, non sono infrequenti impianti che usano come sorgente l'acqua o la terra. Queste infatti hanno una temperatura molto più costante dell'aria, oltre alla capacità termica molto maggiore. Ad esempio, se abitate in una zona montana dove d'inverno fa veramente freddo, ma accanto a voi c'è un laghetto oppure scorre un ruscello di dimensioni sufficienti, potete utilizzare l'acqua di questi ultimi per riscaldarvi: in fondo non scenderanno mai sotto zero! Ovviamente dovete evitare di disturbare troppo la temperatura dell'acqua e compromettere le forme di vita che vi vivono, ma con qualche veloce calcolo lo si può verificare.

Se non avete fonti d'acqua nelle vicinanze, potete sempre prelevare il calore dalla terra... è molto semplice: basta scavare uno spazio sufficientemente grande, profondo almeno mezzo metro (vi serve un metro quadro ogni 25 W), stenderci dentro un tubo di plastica apposito, e ricoprirlo; poi vi serve ovviamente una pompa di calore adatta, che sottrarrà calore dal terreno facendo circolare nel tubo acqua e sale oppure fluido antigelo. Il terreno è una fonte di calore e di frescura perfetta (avete presente una cantina?); durante la maggior parte dell'inverno il terreno attorno al tubo sarà gelato, ma questo migliora il contatto termico, mentre d'estate il terreno scaldato perde umidità e diventa un pessimo conduttore di calore; si tratta dunque di una soluzione particolarmente indicata per zone con un clima freddo.

Insomma, la soluzione esiste per quasi tutto; per quanto in Italia sia difficile trovare un buon fornitore anche per una pompa di calore "normale", ne esiste uno specializzato in installazioni geotermiche... lo trovate nella sezione siti utili.

Il terminale interno

Il “terminale” non è altro che quell’oggetto nella stanza che la riscalda. Può essere un termosifone, una bocchetta d’aria, un ventilconvettori, o qualsiasi altra cosa. Normalmente, indipendentemente dalla sorgente esterna, all’interno la scelta si pone tra due possibilità: una "batteria", ovvero un apparecchio che riscalda acqua, che a sua volta circolando riscalderà dei "termosifoni"; oppure uno o più terminali che riscaldano direttamente l'aria interna. Se la fonte di calore esterna è l'aria, nel primo caso si parla di un sistema "aria-acqua", mentre nel secondo di un sistema "aria-aria"; analogamente possiamo avere impianti "terra-acqua", "acqua-aria" e così via.

Impianti aria-acqua

Questo tipo di impianto prevede un'unità esterna (nella maggioranza dei casi un parallelepipedo con un grosso ventilatore interno, ma mi sembra impossibile che non ne abbiate mai visto uno), ed una cosiddetta "batteria" interna che in pratica ha la stessa funzione di una caldaia individuale, con la sola differenza che è in grado di produrre anche acqua fredda.

Nonostante l'apparente somiglianza, le tubature dell'acqua per questi impianti sono molto diverse da quelle per il solo riscaldamento: infatti, il passaggio dell'acqua fredda attraverso tubature poco isolate causa la formazione di umidità e condensa, con il risultato che nel giro di poco tempo vi trovereste una magnifica coltura di muffa sui muri in corrispondenza dei tubi, mentre i pavimenti comincerebbero a saltare (non è detto che succeda tutto questo, ma il rischio è concreto). Per questo occorre sostituire tutte le tubazioni con altre garantite per funzionare fino a circa 5 °C senza inconvenienti e dispersioni.

Inoltre, mentre i vecchi termosifoni svolgono egregiamente il compito di riscaldare gli ambienti (grazie alla convezione, cioè la naturale circolazione d'aria causata dal calore), essi funzionano malissimo per raffreddarli; per questo occorre sostituire anche loro con dei ventilconvettori (fan-coil), ossia delle batterie dotate di un ventilatore, normalmente comandato da un termostato. Per funzionare, ovviamente, il ventilconvettore ha anche bisogno di un'alimentazione elettrica; ma di questo parleremo più avanti.

Gli impianti aria-acqua vengono comunemente considerati quelli più raffinati che è possibile realizzare; ovviamente anche il costo è il più alto. Non sono però del tutto convinto che valgano quello che costano. L'Aermec ha realizzato un impianto, chiamato Idrosplit, che in pratica consiste in una batteria aria-acqua per il solo raffreddamento, a cui deve necessariamente essere abbinata una caldaia tradizionale per il riscaldamento e la produzione di acqua calda. L'idea, detta in due parole, è che d'inverno ci si riscaldi bruciando combustibile tradizionale; d'estate ci si rinfreschi azionando la batteria a funzionamento elettrico, che consuma circa 2 kW e di conseguenza può essere usata con il tradizionale contratto elettrico da 3 kW di ogni casa. Con questa poca potenza è possibile raffreddare quelle sole due o tre stanze dove ci sono effettivamente persone. In questo modo è possibile avere la massima potenza d'inverno senza gravare sul consumo elettrico, mentre d'estate si può godere di un comfort discreto senza bisogno di aumentare il contratto di fornitura elettrica.

Però permettetemi di fare una rapida considerazione sull'aspetto economico: in pratica d'inverno non ho nessun risparmio, perché mi devo sempre riscaldare con metano, gasolio o quel che sia; d’estate ho il solo vantaggio di non dover aumentare il contratto di fornitura elettrica; poche decine di Euro al mese, contro un costo, per un impianto di questo genere, che sfiora i 10mila Euro per un appartamento intorno ai 100 mq. E se ho un impianto esistente posso salvarne solo la caldaia, dovendo buttare termosifoni e tubature e rifare tutto. Con molto meno della metà di questa cifra posso installare un impianto autonomo tradizionale (o addirittura lasciarlo, se già esiste), ed in più installare dei condizionatori “split” in ogni stanza in cui mi servono. Avrò un impianto più affidabile, che consuma di meno, e che soprattutto costa MOLTO meno. Diverso sarebbe stato se questo impianto fosse stato reversibile, cioè in grado di funzionare anche come pompa di calore; in questo caso avrei potuto, se la potenza non fosse stata sufficiente, preriscaldare l'acqua prima del riscaldamento con la caldaia tradizionale; in questo caso avrei potuto andare con la sola pompa di calore nelle mezze stagioni, o scegliere se riscaldarmi con pompa di calore oppure a gas, in base al prezzo dei due "combustibili"...

Certo qualche vantaggio rispetto ai termosifoni tradizionali c’è, grazie alla presenza del ventilatore nell'unità interna, il riscaldamento degli ambienti avviene in modo molto più rapido; ed inoltre la presenza di un termostato migliora la stabilità della temperatura, e quindi il comfort. Ma non mi pare che il gioco valga la candela...

I ventilconvettori (o fan-coil) per gli impianti aria-acqua

"Accessori" indispensabili negli impianti aria-acqua, a parte i classici ventilconvettori da pavimento, diffusissimi negli uffici, che si installano nelle stesse posizioni dei termosifoni, vi sono anche modelli da soffitto e da incasso in controsoffitto, da angolo e così via; particolarmente adatti per le abitazioni, già da qualche anno sono disponibili modelli da parete dotati di telecomando che somigliano moltissimo, per dimensioni e prezzo, ai noti "split". Hanno ventilatori a 3, 4 o 5 velocità che consentono la massima velocità di riscaldamento/raffreddamento, oppure la massima silenziosità; sono sempre più diffusi i modelli con telecomando a infrarossi.

I ventilconvettori, come già detto, per il collegamento impiegano tubature apposite; oltre ai due tubi di entrata e di uscita dell'acqua ne occorre un terzo per lo scarico dell'acqua di condensa, che si produce invariabilmente là dove l'aria viene raffreddata (d'estate, quindi, dentro casa, e d'inverno fuori). Infine, occorre prevedere un'alimentazione a 220 volt per il ventilatore e l'elettronica di controllo interna, ed un collegamento elettrico tra il ventilconvettore e l'unità esterna (normalmente due fili).

Gli impianti aria-aria: il canalizzato

In alternativa all’acqua, si può, all’interno dell’abitazione, raffreddare direttamente l’aria. Se il raffreddamento avviene in un solo punto, e poi l’aria fredda viene distribuita tramite condotte forzate nelle varie stanze, si realizza un impianto canalizzato. La realizzazione di questo tipo di impianti è apparentemente semplice, soprattutto nelle case dove c'è un corridoio su cui si affacciano tutte le stanze; se questo può essere controsoffittato, basta trovare uno spazio per lo scambiatore interno e montare un tubo per portare l'aria alle bocchette di diffusione poste in ogni stanza. Le cose però non sono proprio così semplici.

Il primo problema che nasce è quello della "ripresa" d'aria: l'impianto soffia sì aria nelle stanze, ma che fine fa quella che c'era prima? Se non c'è un adeguato sistema di aspirazione, la stanza va in sovrappressione e comincia a scaricare aria calda in quelle adiacenti o addirittura all'esterno, con conseguente difficoltà di apertura e chiusura di porte e finestre, rumori di spifferi e/o aumento smodato di consumi...

Negli impianti che si vedono normalmente negli uffici, quindi, le tubature dell'aria sono due: la "mandata" e la "ripresa" dell'aria; l'aria climatizzata viene "soffiata" nella stanza, mentre quella già presente viene aspirata via, mantenendo l'equilibrio di pressione; negli impianti di grosse dimensioni l'aria aspirata, che è calda ma anche viziata, viene miscelata con una quantità regolata di aria esterne (non meno del 10%) prima di tornare al riscaldatore e quindi di nuovo nelle stanza; normalmente però nelle abitazioni questa miscelazione non è prevista, poiché al ricambio sono sufficienti gli spifferi e le perdite d’aria degli infissi. Sempre nelle abitazioni, dove è difficile installare una doppia tubatura, normalmente la ripresa viene effettuata "in aria libera", ossia direttamente tramite la circolazione ambientale; perché l'aria possa circolare dall'unità centrale alle stanze e viceversa, occorre quindi un cammino per l'aria. Esso viene normalmente realizzato tramite le porte tra le stanze, che vengono forate e munite di una griglia, oppure lasciando una fessura di una certa entità sotto. Se installate uno di questi impianti, questa è la prima cosa da tenere presente.

Il secondo problema è il rumore; se l'aria viene spinta o aspirata troppo violentemente, si creano delle turbolenze, che in pratica si manifestano come un fastidioso "fischio" di sottofondo; per evitare che questo accada, le tubature devono essere sempre abbastanza grandi da portare il flusso d'aria previsto ad una velocità sufficientemente bassa. La portata d'aria, a sua volta, non dipende solo dalla potenza del ventilatore che muove l'aria, ma anche dalla "perdita di carico", ossia dalla dimensione del condotto e dalla sua lunghezza, dal numero di curve, dalla sua forma, e dal numero di bocchette che alimenta. In pratica, fare questo calcolo è cosa tutt'altro che semplice; ci vorrebbe un vero progettista, che però normalmente non rientra nel "budget" tipico per questo tipo di impianti. Nella maggioranza dei casi, quindi, ci si rivolge ad un "praticone" che, con l'esperienza, riesca ad imbroccare l'impianto giusto, magari un po' sovradimensionato, senza impazzire troppo in calcoli. Ma come fa, chi è completamente a digiuno della materia, a distinguere un vero esperto? Francamente non lo so; sappiate dunque che state rischiando. Ma forse, se state leggendo con attenzione queste righe, non sarete più così digiuni della materia...

A parte la maggiore complicazione di calcolo, il sistema canalizzato presenta degli indubbi vantaggi. Per prima cosa, è un impianto con una buona efficienza, poiché c'è sempre bilanciamento tra calore prodotto dall'unità esterna e quello assorbito dall'unità interna. Vedremo che questo è invece un problema centrale per impianti come i multisplit. Inoltre, se è ben progettato, il canalizzato ha una silenziosità notevole. Il fatto di poter mettere un numero elevato di bocchette di immissione ed aspirazione d'aria permette un ricambio uniforme in tutti i punti, garantendo un'ottima uniformità di temperatura, che viene raggiunta in pochissimo tempo. Inoltre si possono inserire bocchette anche in piccoli ambienti (ripostigli), in modo da migliorare il ricambio d'aria. Per contro, non si può condizionare i bagni, e qualche problema può essere causato perfino dalla cucina, poiché tutti gli odori si spargono rapidamente per tutta casa (si deve pensare anche a questo...!).

Se non si desidera accendere l'impianto contemporaneamente in tutta casa, è possibile suddividere in due l'impianto: per esperienza, conviene che una parte climatizzi la zona giorno, l'altra la zona notte; questo consente di risparmiare accendendo solo la parte che serve, differenziando magari gli orari, ed a volte semplifica anche l’installazione delle tubature.

Di solito le bocchette d'aerazione sono delle semplici griglie fisse, di modo che, accendendo l'impianto, tutte le stanze sono riscaldate in uguale misura. È però possibile impiegare delle bocchette regolabili, che consentono di regolare l'afflusso d'aria, quindi la temperatura, o anche chiudere completamente il riscaldamento in una stanza; se non che il loro utilizzo crea sempre qualche problema in una casa, poiché chiudere una bocchetta fa riversare più aria sulle altre, e di conseguenza aumenta il rumore e gli squilibri di temperatura. Per evitare questi ultimi esistono anche delle bocchette termostatate, che si aprono e si chiudono proporzionalmente alla temperatura dell'ambiente. Sono una grande invenzione, poiché permettono di compensare sia le variazioni di temperatura esterna o l'apertura di una finestra, sia gli eventuali errori di progetto, ma purtroppo, almeno quando io mi sono informato sul loro costo (nel 1996), questo era proibitivo: 200/250 euro l'una!!!

Gli impianti aria-aria: lo "split" o "multisplit"

Grande sviluppo ha avuto negli ultimi anni soprattutto questa tipologia di impianti; il motivo è facile da immaginare: l'installazione è di solito la meno distruttiva di tutte, poiché è sufficiente forare le pareti esterne in corrispondenza dei punti di installazione, senza bisogno di stendere lunghe tubature né di aprire tracce su pareti e pavimenti. In effetti, oggi la stragrande maggioranza dei condizionatori installati è di questo tipo, e cominciano ad avere una notevole diffusione anche le pompe di calore.

Gli split sono i diretti discendenti dei condizionatori monoblocco, quelli che si montano su un trespolo facendo un buco sul vetro della finestra; a differenza di questi, gli "split" sono divisi in due blocchi, un'unità interna ed una esterna, collegate tra loro tramite due tubi (gas e liquido); da cui il nome. Inutile dirlo, la loro efficienza è infinitamente superiore a quella dei loro antenati. I multisplit, invece, con una sola unità esterna possono alimentare più unità interne (fino a cinque), anche di diversa capacità; ritorna però molto spesso la necessità di fare tracce ed installare tubazioni.

Gli impianti multisplit hanno il vantaggio di essere semplici e robusti, ed inoltre consentono di climatizzare solo le stanze effettivamente utilizzate; si potrebbe pensare quindi che lo split sia il più efficiente sistema tra quelli finora visti. Ciò è vero solo se non si utilizzano sistemi multisplit. Se andiamo ad esaminare i dati tecnici di un multisplit "tradizionale", faremo una scoperta bizzarra: consumano di più quando si accende una sola unità interna, e man mano che si accendono le altre consumano sempre di meno! Il problema, infatti, è che il compressore esterno, comandato dal termostato posto all’interno, o è spento o lavora alla massima potenza. Se c'è una sola unità interna in funzione, il calore ceduto al fluido non viene interamente assorbito dall'unità interna; al compressore ritorna quindi un fluido più caldo che viene ulteriormente riscaldato, e questo è esattamente come se stessimo riscaldando l'appartamento a 25 o 30 gradi e non a soli 20. In questa situazione, come sappiamo, l'efficienza della pompa di calore cala notevolmente.

Verrebbe allora da concludere che conviene accendere il riscaldamento in tutte le stanza, poiché così si risparmia. Anche questo però non è vero. Infatti, sebbene in modo meno efficiente, accendendo una sola unità il calore prodotto da questa è molto maggiore, e quindi il tempo impiegato a scaldarsi è inferiore; il compressore rimane in funzione per periodi più brevi, e globalmente dunque il consumo sarà inferiore. In altre parole, se di due unità ne facciamo lavorare solo una, il risparmio conseguito sarà del 20 o 30% e non del 50% che ci saremmo aspettato. Questo diventa un grosso limite se l’utilizzo degli ambienti è saltuario, soprattutto se il multisplit deve alimentare parecchie unità interne.

Per ovviare a questo inconveniente, i costruttori hanno proposto diverse soluzioni; il loro livello di pregio, e di conseguenza il miglioramento di prestazioni, determina il prezzo; così, ancora una volta, gli impianti che consentono i maggiori risparmi sono quelli che costano di più.

La prima soluzione è quella di impiegare due compressori e due ventilatori separati nella stessa unità esterna; si tratta, a tutti gli effetti, di due impianti separati nello stesso contenitore, ciascuna delle quali gestisce una o due unità interne. In caso di funzionamento in regime ridotto, solo il compressore esterno relativo entra in funzione; l'efficienza è quindi maggiore. Un esempio di questi apparecchi sono i modelli HENF della Mitsubishi Heavy Industries. Se doveste optare per un impianto del genere, fate collegare allo stesso compressore le unità interne che hanno la massima probabilità di lavorare contemporaneamente; in questo modo si avrà il massimo risparmio. Appena installato l’impianto, poi, fate immediatamente una prova: accendete solo un’unità interna e controllate che, dopo qualche minuto, cominci a scaldare o raffreddare. A volte, infatti, per errore l’installatore potrà collegare i comandi elettrici su un compressore, e le tubature su un altro; il risultato sarà che, mentre un compressore lavorerà come un matto per alimentare l’unità interna che non è in funzione, quella unità in funzione non climatizzerà un bel nulla; e di questo problema, che rischia perfino di danneggiare il compressore, non ci si accorgerà se, pieni di entusiasmo come sempre capita, alla prima prova si accendono tutte le unità interne!

Una soluzione tecnicamente ancora più raffinata è quella di utilizzare un unico compressore, regolandone invece la potenza in base alle necessità con un sistema elettronico: l'inverter.

Un breve excursus tecnico, dedicato ai esclusivamente ai curiosi come me (potete saltarlo a pié pari): il nome "inverter" farebbe pensare ad un'inversione di qualcosa, come ad esempio tra caldo e freddo. Non è così: e mi ci è voluto un po' di tempo per capire come sia nato questo nome. Quasi tutti i compressori delle pompe di calore utilizzano motori asincroni; gli stessi delle lavatrici, per capirci, che sono robusti e silenziosi. Il problema di questo tipo di motori è che non è facile regolarne la potenza come si può fare con i motori a spazzole, come quelli dei trapani, i quali dal canto loro sono sì regolabili, ma anche molto più rumorosi, consumano di più e sono meno resistenti. L'unico modo, infatti, di regolare un motore asincrono è di variare la frequenza dell'alimentazione; per farlo è necessario trasformare la corrente alternata in continua, e quindi riconvertirla in alternata alla frequenza voluta. Questa seconda conversione viene eseguita da un inverter, da cui il nome; un inverter è anche quello che si impiega sui "gruppi di continuità" spesso usati per computer. Date le potenze in gioco, questa doppia trasformazione è tutt'altro che semplice ed economica, e comporta comunque un aumento di consumi. Oggi, per fortuna, grazie all'elettronica di potenza sofisticatissima che abbiamo, possiamo risolvere il problema alimentando direttamente dalla corrente continua un motore tramite modulazione ad impulsi; il motore è semplice e robusto come uno asincrono, ma ha bisogno di un'elettronica di controllo piuttosto sofisticata; in compenso, le sue prestazioni sono il non-plus-ultra. Così, sparito il motore asincrono, una pompa di calore "inverter" prende il nome da una sua parte che oggi non esiste nemmeno più.

L'applicazione della tecnologia Inverter non è limitata ai sistemi multisplit: anzi, è sempre più diffusa anche tra gli split singoli. Essa infatti consente alla pompa di calore di lavorare sempre alla potenza ottimale, migliorando così lo scambio termico e diminuendo i consumi; le prestazioni sono eccellenti nelle medie stagioni, quando il carico richiesto è più ridotto, mentre consumano circa il 5% in più se usati alla massima potenza. La caratteristica dei sistemi inverter è infatti di non spegnersi mai: dopo aver lavorato alla massima potenza appena accesi, quando la temperatura in casa si avvicina a quella ideale la loro potenza si regola automaticamente sul valore di mantenimento; il rendimento energetico, quindi, è sensibilmente migliore, ed il risparmio nelle mezze stagioni può raggiungere il 30% (o almeno così dicono); anche il comfort aumenta, perché il flusso d'aria non è più caldissimo o gelido. Se questo è un grosso vantaggio per gli split singoli, lo è ancora di più per i multisplit; il modello MXZ-32 della Mitsubishi Electric, ad esempio, uno dei primi prodotti multisplit inverter di larga diffusione, ha una regolazione automatica tra 2 e 9 kW di potenza resa, con un COP sempre maggiore di 3,2, quindi indipendentemente dal fatto che ci siano una o quattro (il massimo) unità interne in funzione.

È importante però tenere presente che, mentre un modello tradizionale lavora in modo ottimale quando è sfruttato al massimo, un inverter lavora meglio quando non lo è; quindi, mentre il primo non andrebbe sovradimensionato oltre il 10/15%, il secondo dovrebbe essere almeno del 15% più potente del necessario.

In conclusione, se si opta per un impianto di tipo "split", compatibilmente con gli altri problemi di installazione e di disponibilità a catalogo, la preferenza, va, nell'ordine, a:

In conclusione, come si vede, non esiste l'impianto ideale, e questo vale anche in confronto ad altri tipi di riscaldamento; ho raccolto quindi in una tabella un confronto tra gli impianti ad aria; valutate quali pregi vi incantano di più, e quali lati negativi hanno meno importanza per voi...

Caratteristiche di tipi di impianto aria-acqua (a ventilconvettori) aria-aria (canalizzato) aria-aria (split)

Pro:

  • Si possono climatizzare anche bagni e cucina;
  • Si può regolare la temperatura stanza per stanza;
  • Risparmio climatizzando solo i locali utilizzati;
  • Ottima distribuzione della temperatura; compensazione automatica di eventuali errori di progetto.

Contro:

  • Impianto costoso e complesso;
  • È praticamente indispensabile installare tubature sotto traccia nelle stanze;
  • Le tubature esistenti per il riscaldamento non sono adatte;

Pro:

  • L'impianto più facile da realizzare se c'è un corridoio controsoffittabile;non occorre installare tubature nelle stanze;
  • Silenziosità (solo se correttamente progettato);
  • Estetica ottimale;
  • Si possono condizionare anche piccoli ambienti, ed usando più bocchette si può distribuire meglio la temperatura in quelli grandi.

Contro:

  • Impossibilità di climatizzare i bagni; gli odori della cucina si spandono rapidamente in tutta casa;
  • Difficoltà (o impossibilità) di regolare la temperatura stanza per stanza, con il rischio di sbilanciare l'impianto;
  • Progetto più critico per uniformità di temperatura;
  • Non è possibile accendere l'impianto solo in alcune stanze (al massimo per zone).

Pro:

  • Progetto semplicissimo, la possibilità di errori è ridotta al minimo;
  • Gli odori della cucina rimangono confinati;
  • Possibilità di regolare la temperatura stanza per stanza e di differenziare gli orari di accensione;
  • (per i monosplit) massima economicità/flessibilità di installazione ed efficienza termica;
  • Si può affiancare ad un impianto preesistente (es. condominiale)

Contro:

  • Praticamente irrealizzabile la climatizzazione dei bagni;
  • Le tubature preesistenti non sono utilizzabili;
  • Multisplit: Occorre installare tubature sotto traccia nelle stanze, oppure canale plastiche a vista;
  • Monosplit: elevato numero (ed ingombro) di unità esterne;
  • Multisplit non inverter: bassa efficienza nelle mezze stagioni o con alcuni ambienti non climatizzati;

Scegliere una pompa di calore (I)

Vediamo ora come si progetta un impianto di riscaldamento, sia come dimensionamento che dal punto di vista economico. Preciso subito che esistono due diverse "tecniche": quella "fatta bene" e quella "a spanne". Nella prima parte vediamo la progettazione "fatta bene"; però, se l'impianto è semplice, non c'è niente di male ad impiegare la seconda, poiché in caso contrario i costi della sola progettazione potrebbero diventare paragonabili con l'intero impianto!

La progettazione più corretta che si possa fare è suddivisa nelle seguenti fasi:

Valutazione della dispersione dell'edificio/appartamento

Questa fase tende semplicemente a stabilire, per ogni stanza, la potenza necessaria al mantenimento della temperatura stabilita, quando all’esterno si verificano le condizioni climatiche più severe.

Valutazione delle modalità d'uso del riscaldamento

Il valore teorico della prima fase viene aggiustato con considerazioni sul rendimento, sulle perdite dell’impianto, sull’uso intermittente, sugli apporti di calore “gratuiti” (es. esposizione al sole). Solo qui comincia a mostrarsi la differenza tra i vari sistemi di riscaldamento.

Comparazione e valutazione economica

Si compara la convenienza economica di ogni sistema di riscaldamento considerato (pompa di calore, caldaia a metano, ...). La valutazione si basa sul consumo annuo e sul costo d’acquisto. Si sceglie l’impianto globalmente più economico.

Dimensionamento

Si finalizza la progettazione dimensionando gli elementi necessari al riscaldamento di ogni singola stanza: dimensioni dei tubi, dei radiatori o dei ventilconvettori, della caldaia o batteria, ecc. ecc.

Il progetto dell'impianto di riscaldamento non è né un divertimento né un'opzione: la legge 10/91 infatti lo rende obbligatorio come parte integrante del progetto complessivo di tutti i nuovi edifici, ed in caso di sostituzione dell'impianto (anche individuale!) per quelli esistenti. Ovviamente in questi casi può redarlo solo un professionista abilitato. La legge inoltre vincola il "Fabbisogno Energetico Normalizzato" (FEN) dei nuovi edifici, in modo che non si debba spendere troppo combustibile per riscaldarli, e fissa i rendimenti minimi per gli apparecchi impiegati. È anche giusto; se gli edifici sono grossi, si tratta di decine o centinaia di milioni risparmiati, a tutto vantaggio dell'acquirente e dell'ambiente (cioè di tutti noi!). Tenete presente comunque che per ora l'obbligo di progetto c'è solo per il riscaldamento, non per il condizionamento. Inoltre i metodi di calcolo per questi due sono leggermente diversi, come vedremo.

Prima fase: valutare la dispersione dell'edificio/appartamento

Per poter acquistare il giusto impianto di riscaldamento, occorre (ovviamente) valutare quanto calore dovrà consumare. Vi sono diversi metodi per farlo; il metodo ottimo (che incidentalmente è quello da impiegarsi in Italia nel caso di obbligo di progetto) è quello descritto dalle norme UNI (ve ne sono svariate sull'argomento). Il calcolo non è particolarmente complesso, ma è lungo perché prende in considerazione una lunghissima serie di dati, quali:

Con questi parametri, ed (un bel po' di) calcoli, che non ho minimamente intenzione di descrivere qui perché ci vorrebbero pagine e pagine di tabelle, si arriva ad una misura della dispersione delle singole stanze e dell'intera abitazione. Conoscendo la dispersione è semplicissimo sapere, con sufficiente precisione, quanta energia (calore) bisogna immettere in ogni stanza per mantenere una determinata differenza di temperatura tra interno ed esterno.

Se infatti fissiamo la temperatura interna a 20°, e quella esterna alla minima che ci aspettiamo, ragionevolmente, si possa verificare durante l'inverno (anche questa è indicata, comune per comune, nelle norme UNI - il cosiddetto "valore di temperatura di progetto"), possiamo sapere con una certa precisione il calore che ci dovrà fornire il nostro impianto. Se, ad esempio, il nostro calcolo ci fornisce per la nostra abitazione una dispersione pari a 0,44 kW/°C ciò vuol dire che, quando fuori ci sono 5°, per mantenere internamente la temperatura di 20° occorre una potenza di 0,44*(20-5)=6,6 kW; dovremo quindi installare una caldaia con una potenza resa maggiore di questa, oppure una pompa di calore che renda questa energia.

Il solito DPR 412/93 fissa anche un valore limite massimo per il coefficiente di dispersione, ossia la dispersione per ogni metro cubo da riscaldare, per le case di nuova costruzione (il Cd lim.).

Che cosa si usa per fare questi conti? Come già detto, bisogna avere in mano le norme UNI (si comprano anche su Internet, presso il sito del CEI; ma comprare tutte quelle necessarie è tutt’altro che economico; sicuramente non vale la pena farlo per un solo impianto), una planimetria dell'edificio, un foglio di calcolo e tanta, tanta pazienza per misurare ogni stanza, ogni spigolo della muratura, ogni dimensione degli infissi, ogni spessore e materiale di ogni strato componente ogni muro, pavimento e soffitto...

Volendo semplificarsi la vita si può adottare un programma apposta per questo. Ve ne sono diversi prodotti negli Stati Uniti, sia gratuiti (ma per DOS) che a pagamento, ma ovviamente non valgono per redigere un progetto "ufficiale" perché non seguono la metodologia UNI; oppure si può prendere un buon programma a pagamento italiano, comprensibile e perfettamente a norma, ma le norme UNI le dovete sempre avere, altrimenti probabilmente non ci capirete nulla... Suggerisco il sito della Kadmos, cha fa programmi semplici ed efficaci, ma ci sono svariati produttori italiani.

Seconda fase: valutazione delle modalità d'uso del riscaldamento

La prima fase ci dà il fabbisogno dell'abitazione se teniamo il riscaldamento perennemente acceso. Se però, come capita sempre, il riscaldamento è in funzione solo in certe ore del giorno, la capacità necessaria è leggermente diversa: prima di tutto dobbiamo avere una riserva di potenza perché la temperatura ottimale venga raggiunta in un tempo ragionevole, e poi le esigenze cambieranno a seconda se il riscaldamento viene acceso solo di notte (quando fa più freddo) piuttosto che di giorno (quando fa più caldo e c'è anche l'azione del sole). Tutto questo altera leggermente sia la potenza richiesta all'impianto, sia il suo costo di gestione. Per seguire sempre la metodologia UNI, dobbiamo valutare:

Il tutto sembra di difficile valutazione; ma in realtà gran parte dei valori da adottare sono forniti belli e pronti nelle tabelle delle norme; e comunque si tratta di aggiustamenti di pochi punti percentuali.

Con tutti questi dati possiamo calcolare, con una discreta precisione, il fabbisogno di calore per riscaldarci per un intero inverno; sapendo il costo di ogni kilowatt sotto forma di elettricità o di metano (lo abbiamo fatto all'inizio...), possiamo arrivare infine al parametro più importante di tutti: quanto ci costa scaldarci per tutta la stagione fredda.

Per valutare meglio il comfort possiamo anche tracciare un grafico della temperatura raggiunta in casa durante i periodi di spegnimento giornaliero del riscaldamento.

Anche qui, per gli edifici di nuova costruzione, il solito DPR 412/93 fissa un valore limite per l'energia spesa per il riscaldamento invernale dell'edificio: il cosiddetto FEN (Fabbisogno Energetico Normalizzato), che viene calcolato in Joule/mc al giorno: in pratica è l'energia spesa in media ogni giorno per riscaldare un metro cubo di edificio. Ormai sappiamo perfettamente come trasformare questo dato in calorie, e quindi in kW di elettricità o metri cubi di gas, e quindi in lire, sapendo che il numero di giorni di riscaldamento in un inverno è fissato per legge (indovinate quale? Bravi: la 412/93!)

Cosa si usa per questa seconda fase? Se state usando il foglio di calcolo continuate ad usarlo, altrimenti di solito il programma che avete usato per la prima fase sarà in grado di fare i calcoli necessari anche per questa.

Terza fase: comparazione e valutazione economica

Se ripetiamo il calcolo della fase due per i diversi sistemi di riscaldamento che pensiamo di adottare, possiamo finalmente valutare quale sia quello che ci fa risparmiare di più.

Attenzione però; abbiamo due costi da considerare: un costo di installazione (il costo di acquisto dell'impianto) ed un costo d'esercizio (quello che spenderemo ogni anno per usarlo). Il costo d'acquisto lo troviamo nei listini; il costo d'esercizio non comprende solo il "carburante" per far andare l'impianto (sia esso metano, gasolio o elettricità), ma anche quello della manutenzione periodica, delle riparazioni, ecc.; la cifra quindi è valutabile solo con una certa approssimazione. E, come sempre capita, gli impianti che hanno un costo d'esercizio più basso hanno anche un costo d'acquisto più alto.

Il DPR 412/93 dice che - per quanto riguarda la pubblica amministrazione - bisogna scegliere l'impianto che risulti più conveniente dopo cinque anni. È una valutazione ragionevole. Attenzione però: non confondete questi cinque anni con la "durata attesa" dell'impianto, che è molto più lunga; si tratta insomma di una valutazione finanziaria e non tecnica. È interessante notare che, solo nel caso di impianto a pompa di calore in edifici di cubatura superiore a 10.000 metri cubi, il limite è elevato a otto anni (dieci nei centri storici, vista l'importanza del problema dell'impatto ambientale).

Un privato può anche adottare come base di calcolo un periodo più lungo; e qui si aprirebbe un complesso discorso finanziario. Se vogliamo essere precisi, infatti, dovremmo considerare che, quello che risparmiamo all'atto dell'installazione dell'impianto, potremmo investirlo in qualche modo per produrre soldi che abbassino il costo d'esercizio dell'impianto stesso; ma è anche vero che il rendimento sul lungo periodo di un investimento è valutabile solo con una certa approssimazione... insomma, oltre ad essere ingegneri dovremmo essere maghi della finanza, per fare questo riscaldamento! Per cui, in base ai vostri gusti, valutate per un periodo tra cinque ed otto anni, e questo va più che bene.

Come si fa a fare questa valutazione? Anche qui, pur essendo perfettamente adatto il solito foglio di calcolo, le cose vengono semplificate usando un programma apposito. Il DOE (Department of Energy) statunitense, l'equivalente del nostro Ministero dell'Ambiente, distribuisce un programma gratuito che permette di fare da se questo calcolo, stilando una "classifica" di convenienza dei vari tipi d'impianto a partire dalla dispersione della casa da riscaldare e dalla zona in cui si vive; questo perché ogni americano che risparmia sul riscaldamento fa anche bene all'ambiente... (en passant, c'è qualcuno "là dove si puote" che può prendere spunto???).

Il programma del DOE è prelevabile dal sito www.eren.doe.gov, ma se non si hanno i dati climatici del luogo dell'installazione, e non si sa come tradurli nella forma voluta dal programma, il suo uso è quasi impossibile.

Quarta fase: il dimensionamento

Abbiamo calcolato la capacità ed il tipo d'impianto più adatti a farci stare caldi ed a risparmiare; ora non ci resta che andarlo a comprare. Per fare la "lista della spesa" abbiamo ancora bisogno di calcolare poche cose che dipendono dal tipo d'impianto scelto. Vediamole:

Impianto a caldaia e termosifoni: se avessimo valutato che questo è il sistema di riscaldamento più economico, dobbiamo calcolare il numero di radiatori - uno per ogni stanza e la loro dimensione (cioè il numero di elementi da unire per comporli - ognuno ha una precisa potenza resa), la lunghezza dei tubi di raccordo, ed un piccolo surplus di energia che va dispersa nelle tubazioni

Pompa di calore canalizzata: dobbiamo calcolare le dimensione di bocchette d'aerazione in funzione del calore da fornire a ciascun locale. Inoltre dobbiamo calcolare le dimensioni delle tubazioni che portano aria, sempre in base alla quantità di calore da fornire ed alle perdite di carico; esiste anche un vincolo di velocità massima dell'aria che, se troppo elevata, crea turbolenza e di conseguenza rumore (molti non lo sanno, ed ecco che si sentono impianti con sibili e fischi molto fastidiosi...). Oltre alla mandata dell'aria occorre calcolare le dimensioni delle tubazioni di ripresa, per aspirare verso l'unità centrale l'aria da trattare. Importante: non si installano mai bocchette nei bagni, perché l'aria aspirata da questi si mescolerebbe e verrebbe reimmessa in tutte le altre stanze, con conseguenze facilmente immaginabili... Tuttavia, nel caso di grossi bagni, può essere necessario installare un piccolo termosifone elettrico, o addirittura una pompa di calore separata (split), nel caso di bagni ricavati da interi miniappartamenti :-).

Impianto a ventilconvettori (con pompa di calore oppure caldaia): dobbiamo calcolare la perdita nelle tubature e la potenza dei singoli ventilconvettori da installare, dati che troviamo sui cataloghi dei costruttori. Spesso per risparmiare, non si climatizzano i piccoli ambienti; questo potrebbe sembrare un limite di questo tipo di impianto, tuttavia, negli impianti ad aria, come dice il nome, la circolazione d'aria è molto maggiore che nel caso dei termosifoni, e di solito non ci sono difficoltà a riscaldare piccoli ambienti tramite quelli adiacenti, a differenza degli impianti a termosifoni; mentre nei bagni si possono installare dei più economici radiatori, per il solo riscaldamento (al limite anche elettrici). Il dimensionamento dei ventilconvettori può anche essere molto grossolano visto che ognuno ha un suo termostato interno, e, di conseguenza, interrompe il consumo di calore quando la stanza è alla temperatura ottimale, rendendolo disponibile per le altre.

Pompa di calore split: dobbiamo decidere in quali stanze mettere le unità interne e di quale capacità. Il calcolo è molto semplice, perché i tagli delle unità interne utilizzano sono molto pochi (di solito quelli usati negli appartamenti sono da 7000, 9000 o 12000 BTU, raramente - in stanze enormi - 18000); anche qui, visto che ogni unità è termostatata, eventuali errori sono automaticamente compensati dall'impianto, e normalmente non si installano unità nei bagni e nei piccoli locali.

Impianto di condizionamento

Nel caso di condizionamento (raffreddamento) il metodo di calcolo è simile, ma vi sono alcune modifiche; ad esempio l'influenza dell'irraggiamento solare, che ovviamente ha un'importanza molto elevata d'estate, ed i dati climatici che sono completamente diversi; occorre tenere presente che gli "apporti gratuiti" sono tali d'inverno, mentre d'estate sono altro calore da "aspirare fuori". C'è poi un problema: quando si raffredda l'aria, quasi sempre si crea condensa, ossia l'umidità presente nell'aria (che d'estate è sempre piuttosto elevata), non ce la fa a rimanere vapore e si trasforma in acqua; per farlo, fatalmente cede calore all'aria. Così, in sostanza, il condizionatore è costretto ad assorbire calore sia dall'aria, sia dall'umidità che vuole trasformarsi in acqua. Questo calore è praticamente perso, è un ulteriore prezzo che dobbiamo pagare per rinfrescare l'aria. Questo viene chiamato "calore latente", va calcolato in base al grado di umidità tipico e considerato nella capacità del condizionatore (di solito viene indicato nei dati tecnici dell'apparecchio). Ad essere sinceri, anche durante il funzionamento invernale si crea spesso condensa; ma d'inverno questo avviene solo nelle unità all'esterno (quelle che raffreddano l'aria), e tra l'altro in questo caso si tratta di un fenomeno positivo perché migliora il rendimento.

Scegliere una pompa di calore (II)

Siamo realistici: quello che abbiamo appena visto è un metodo che, se può andare bene per un grosso edificio, è veramente sproporzionato per un normale appartamento. Un professionista, per fare questo calcolo, difficilmente potrà chiedere meno di 500 Euro, il che spesso supererà il 10% del costo dell'impianto. Io l'ho fatto, per divertirmi, ma vi assicuro che è tutt'altro che spedito.

Vediamo quindi cosa, realisticamente, succede nella pratica: chiamiamo un installatore per farci fare un preventivo di un impianto individuale a pompa di calore. Arriva il “preventivista”, o il titolare, o il “factotum” di turno, prende qualche misura (numero e dimensioni delle stanze, altezza del soffitto), a volte nemmeno quella, e dopo qualche giorno ci fa avere un "progetto" con tutte le potenze delle apparecchiature necessarie, ed il relativo costo. È un genio? Ha un metodo di calcolo rivoluzionario? Ovviamente no. Non ha fatto altro che applicare una semplicissima formula "a spanne", che permette di calcolare con una certa approssimazione la capacità necessaria. Il metodo è semplicissimo: per ogni metro cubo da climatizzare occorrono 30 kcalorie/ora in riscaldamento, e 25 kcalorie/ora in raffreddamento. Ad esempio, per una stanza di dimensioni 4x5 metri ed alta 3, la capacità necessaria è di (4x5)x3x30= 1800 kcal/h, ovvero circa 7000 BTU in riscaldamento, e 1500 kcal/h (6000 BTU) in raffreddamento. Installando un sistema con capacità di poco superiore si è ragionevolmente sicuri di non soffrire né il caldo né il freddo; di quanto conviene tenersi sopra, un installatore con un minimo d'esperienza lo valuta dando un'occhiata allo spessore delle pareti ed alle dimensioni delle finestre. Semplice ed efficace, vero? In questo modo ci si risparmia una quantità impressionante di calcoli, misure e rilievi; però non fatevi imbrogliare: un vero progetto è tutta un'altra cosa! Notate infatti che non abbiamo minimamente preso in considerazione né quanto è isolata la casa, né che temperatura farà fuori; in queste condizioni è praticamente impossibile fare confronti sulla convenienza di un tipo di impianto rispetto agli altri. Se portate l'installatore in una città che non è quella dove lavora normalmente, con un clima diverso, le sue valutazioni "per esperienza" saranno fatalmente sballate... E, se è obbligatorio il progetto (cioè, lo ricordo, praticamente sempre), non possiamo certo presentare un calcolo fatto in questo modo...

A proposito di quest'ultimo, faccio anche notare che, sebbene il progetto sia necessario, secondo il DPR 412/93, in tutti i casi di ristrutturazione di impianti anche individuali, in realtà la stragrande maggioranza dei comuni per questi ultimi non fa alcun alcuna pressione per averlo, né effettua alcun controllo. In sostanza, se interrogate il vostro comune per iscritto vi dirà che dovete presentare il progetto, se lo fate “de visu” vi pregheranno di non farlo. Ed in realtà la legge appare decisamente sproporzionata su questo punto: il progetto di un impianto individuale non è molto più semplice di quello di un palazzo, e finisce quindi per costare una percentuale molto rilevante dell'intero impianto!

Il mio consiglio è quindi il seguente: se l'impianto a pompa di calore che volete realizzare non è canalizzato, non preoccupatevi del progetto; quello che potreste risparmiare sull'impianto quasi mai coprirà il costo del progetto stesso, ed eventuali errori di dimensionamento saranno automaticamente compensati dalle capacità di regolazione automatica in ciascun locale.

Se invece dovete realizzare un impianto canalizzato, il dimensionamento è molto importante per garantire silenziosità e temperatura costante in tutti i locali, ed allora, se non siete in grado di fare da soli, vi conviene chiedere l'aiuto di un progettista o quantomeno di un installatore veramente serio. In questo secondo caso, fatevi mostrare i calcoli che ha fatto: controllate che sia stato valutata perlomeno la superficie delle pareti esterne, e del pavimento o soffitto se siete al piano terra o all'ultimo piano; che sia stata verificata la portata delle bocchette e la velocità dell'aria; che sia stato previsto un sistema di ripresa dell'aria. Se ha semplicemente moltiplicato il volume per i dati di cui sopra, scartatelo senza pensarci sopra: state rischiando svariati milioni per morire di caldo o di freddo, o anche tutti e due in stanze diverse...

Tenete poi presente che, nella maggioranza dei casi, il vostro progetto, se fatto coscienziosamente e con l'ausilio di una metodologia seria, perdendoci tutto il tempo (giorni!) che serve, sarà alla fine migliore di quello di quasi tutti i "praticoni", non vi farà certamente soffrire né il caldo né il freddo, e possibilmente vi consentirà di risparmiare sulla potenza necessaria e quindi sull'acquisto e la gestione.

Se vogliamo essere poi sofistici, conviene effettuare un controllo sul volume d'aria trattato; occorre infatti che l'impianto sia in grado di trattare un minimo di 3 volumi d'aria l'ora, possibilmente anche 6. Questo vuol dire che, per la stanza di cui sopra, che ha un volume di 60 metri cubi, occorre un'unità interna in grado di trattare un minimo di 180, possibilmente 360 metri cubi l'ora. La capacità del ventilatore è sempre indicata nelle caratteristiche della pompa di calore o condizionatore. Attenzione a non confondere la capacità dell'unità esterna con quella dell'unità interna (spesso sono indicate tutt'e due): ovviamente è quest'ultima a essere importante. Nel caso di locali adiacenti anch'essi da riscaldare, considerate pure questi nel calcolo (sia del riscaldamento che del ricambio d'aria).

Come ultima nota, ricordo che la pompa di calore consuma molta elettricità, e quindi è in grado di mettere in difficoltà gli impianti casalinghi non realizzati a regola d'arte. È quanto mai opportuno ricontrollare o far ricontrollare l'impianto da un elettricista. Assolutamente vietati i fili scoperti o attorcigliati insieme alla meno peggio, e quelli troppo sottili. Sarebbe opportuno che i fili provenienti dal contatore abbiano sezione di almeno 4 millimetri quadrati (per 3,5 kW di potenza), e comunque il filo che alimenta l'apparecchio non deve mai scendere sotto i 2,5 millimetri quadrati. Se il rifacimento dell'impianto ha un costo, considerate che con un impianto senza dispersioni risparmierete decine di Euro l'anno di bolletta, senza contare il rischio di incendi e di folgorazioni...

I costi

Se siete arrivati fin qui, sarete certamente rosi dalla curiosità di sapere quanto costa questa benedetta pompa di calore. È ovviamente impossibile dare un costo "un tanto al metro", però possiamo fare qualche cifra. Se un impianto di riscaldamento autonomo a metano costa, dalle mie parti, tra i 3500 e i 5000 Euro (7-10 Mlit.), un impianto a pompa di calore parte dai 4500 per arrivare agli 8500 Euro (9-17 Mlit.). Perché questo? I motivi sono tanti, e non tutti dovuti alla complessità di un impianto a pompa di calore (che pure è presente): trattandosi di impianti ancora poco diffusi non si è raggiunta un'economia di scala che ne può abbassare il prezzo; inoltre la concorrenza tra gli installatori è ancora poca, perché pochi hanno interesse ad entrare in concorrenza per installare impianti che conoscono meno dei tradizionali a metano. L'installazione di un impianto a pompa di calore richiede meno mano d'opera e più costi dei materiali, e questo riduce il margine di guadagno per l'installatore. Infine, la pompa di calore tuttora (ma sempre meno, ed anche a torto, come si vede) è considerato un impianto "per ricchi", per cui gli installatori si sentono autorizzati a chiedere prezzi maggiori (magari, obbiettivamente, ponendo maggior cura nella realizzazione dell'impianto). Per fortuna tutto questo sta cominciando a cambiare; basta osservare la quantità enorme di condizionatori che ultimamente stanno cominciando ad invadere le nostre città.

Per evitare di essere considerati dei "ricconi eccentrici", e come tali spremuti dall'installatore avido di turno, vi do qualche altra cifra. Un impianto monosplit (pompa di calore) da 7000-9000 BTU costa attualmente (agosto 2000) tra i 950 e i 1200 Euro, montaggio incluso ma più IVA; un impianto multisplit proporzionalmente molto di più, può superare i 1500 per ogni unità (la comodità si paga...). Se vedete offerte mirabolanti, quindi, fatevi due conti. È normale che, per la sola fornitura delle apparecchiature, venga praticato uno sconto sul listino del 40%; il costo per la messa in opera va dai 300 Euro ai 500 e più per ogni unità. Quest'ultimo costo dipende dalla difficoltà di messa in opera, dalla distanza di collegamento e, non ultimo, dalla stagione: se chiamate un installatore a luglio, ammesso che vi dia retta, i costi saranno notevolmente più alti che a febbraio...

Insomma, i costi di installazione sono certamente superiori a quelli di un impianto a metano. Il maggior costo, però, come abbiamo visto è recuperabile in qualche anno, mentre la comodità, ed il vantaggio di disporre del fresco d'estate, non sono da trascurare!

Pompa di Calore: collegamenti ed indirizzi utili

Siti generici su riscaldamento/condizionamento:


Siti di costruttori di pompe di calore:

Il contratto "pompa di calore"

Scegliere una pompa di calore, a parte il risparmio percentuale, significa trasferire gran parte del costo del riscaldamento dalla bolletta del gas a quella della luce. Purtroppo, se l'appartamento non è minuscolo, l'elevato consumo di questi impianti costringe a passare ad una potenza impegnata superiore a quella di un normale contratto casalingo; questo vuol dire un costo fisso molto maggiore, e l'impossibilità di usufruire degli sconti per fasce sociali, se si consuma poca elettricità.

C'è però un'alternativa. Qualche anno fa, nel 1998, lessi sui giornali un trafiletto sulla disponibilità di un contratto elettrico "pompa di calore": una speciale modalità di fornitura che ha il preciso scopo di permettere l'allaccio di questo tipo di utenza, quindi usufruire di un riscaldamento ecologico, nonché di un certo sconto. Ho chiesto a diversi installatori, ma nessuno sapeva qualcosa oltre il nome. Così mi sono armato di buona volontà, e sono andato direttamente all'ACEA per chiedere informazioni. Anche lì erano praticamente tutti all'oscuro, tranne una gentilissima impiegata trovata dopo una peregrinazione di tre file e tre sportelli, che, con quattro o cinque telefonate, è riuscita a ricostruire un'informazione plausibile.

Recentemente, grazie all'apertura del sito Internet dell'azienda municipalizzata romana, ho voluto richiedere conferma sulla validità del contratto e delle relative modalità. Ecco cosa mi è stato risposto:

"La materia è regolata dalla Deliberazione del 14/12/93 del Comitato Interministeriale Prezzi e le tariffe applicate sono quelle previste dalla Delibera n.88/99 dell'Autorità per l'energia ed il gas.

In particolare: gli utenti che usufruiscono di una fornitura per uso domestico fino a 3 kW nell'abitazione di residenza anagrafica, qualora installino pompe di calore per il riscaldamento degli ambienti, possono richiedere esclusivamente per l'alimentazione di queste, una distinta fornitura alle tariffe e condizioni previste per le forniture in locali e luoghi diversi dalle abitazioni.

Per i contratti relativi a "pompe di calore" viene applicata l'IVA nella misura del 10%"

In pratica, oggi come oggi è possibile stipulare due tipologie di contratto: quello per uso domestico, con IVA agevolata al 10%, e quello per altri usi, con IVA al 20%. Per il primo, sotto i 3 kW , c'è un meccanismo "sociale" congegnato in modo che il costo di ogni kilowatt dipende dal consumo complessivo mensile: i primi kW hanno un forte sconto; superando una certa soglia, quelli scontati sono sempre di meno, fino a quando, per consumi elevati, tutti i kW vengono a costare la stessa cifra, che è poco maggiore di quella per "altri usi". Per contratti sopra i 3 kW il meccanismo delle "fasce sociali" scompare.

Il contratto per altri usi è soggetto all'IVA del 20%, non ha limitazioni di potenza, e ogni kilowatt consumato costa sempre la stessa cifra. Si può scegliere tra formule il basso, medio e alto utilizzo; la differenza tra i tre è che il primo ha un canone basso ed un costo per kW più elevato, il terzo ha un canone alto e un costo per kW più basso. È chiaro che il primo conviene se si fa un uso saltuario o molto variabile dell'energia, il terzo se si consuma una grossa quantità abbastanza costante (da cui i nomi). Inoltre c'è una tariffa "bioraria", con cui il kW costa di più di giorno e meno di notte; questo contratto decisamente non è molto spinto dalle compagnie elettriche, visto che il canone è così alto che bisognerebbe spostare almeno il 70% dei consumi nelle ore notturne per renderlo economicamente interessante.

Ora, il contratto pompa di calore consiste semplicemente nel poter stipulare un secondo contratto, con un contatore completamente separato a cui si può allacciare la sola pompa di calore, usufruendo dell'IVA al 10% anziché al 20.

Facciamo un esempio: passare da un contratto con potenza impegnata a 3kW ad uno da 6 kW comporta un aumento del costo fisso (luglio 2000) da 3.280 a 28.960 di canone fisso mensile: ben 308.160 lire l'anno. Se poi, senza pompa di calore, si consuma tanto poco da rientrare nelle fasce sociali, l'aumento è ancora più significativo. Grazie al contratto "pompa di calore", però, posso installare un secondo contatore, sempre da 3 kW, che mi costa 12.900 lire mensili, con cui alimentare solo quest'utenza; il canone complessivo per i due contatori sarà di 16.180 lire mensili (risparmio 153.360 lire l'anno), non intaccherò il risparmio delle fasce sociali, e pagherò ogni kW per la pompa di calore circa l'8% in meno (perché il costo al kW del contratto è inferiore). L'IVA è del 10% in tutti i casi. Chissà perché l'ACEA, nonostante la promessa fatta per posta elettronica, ancora non ha provveduto a mettere sul sito queste semplici informazioni... (NdA: fino a luglio 2000).

Il vantaggio è quindi evidente, se si eccettua il fatto che il dover alimentare la pompa di calore separatamente dal resto costringe ad una revisione significativa dell'impianto elettrico.