18. La valle del Simeto

Nell’insediamento di Inessa - Aitna, la vita associata ebbe inizio, in base alle prove del materiale archeologico rinvenuto nei saggi di Monte Castellaccio, Poggio Cocola e di masseria Poira, all’inizio del terzo millennio a. C. continuò all’epoca del bronzo antico e del ferro, e si estinse forse dopo l’epoca romana.
L’organizzazione sociale della comunità ci tramanda l’esistenza e il nome di un re o di un capo locale, il quale dettava delle regole e le faceva rispettare; forse la comunità costituiva una gerarchia di compiti e di funzioni, decideva delle cariche, distribuiva i compiti per esempio ai più forti la difesa, ai più attenti la sorveglianza, ai solerti l’approvvigionamento.
Bisognava non farsi sorprendere dai malfattori della zona e farsi rispettare dai vicini. Occorreva assicurarsi terreni da coltivare e pascoli per gli animali da allevare, non farsi derubare dei prodotti alimentari e degli armenti, non subire penuria di acqua e non essere esposti alle morie di animali e persone.
Occorreva avere stregoni e maghi, idoli e cerimonie rituali per gli eventi naturali come la vita e la morte, per le malattie e le feste.

Nella valle del Simeto è stato confermato archeologicamente il culto del dio Adrano, protetto dai cani cirnechi, il culto dei Fratelli Palici, che proteggevano la vista, il culto di Cerere, di Proserpina, di Vulcano con la sua fucina dentro l’Etna, il culto di Ercole che personificava il rispetto per il forte.
Gli studiosi dei Sicani e dei Siculi sono concordi nell’apprezzare il livello di civiltà e di evoluzione sociale negli insediamenti che hanno potuto esaminare. 
La comunità si organizzava per i bisogni comuni, consapevole che le necessità del singolo trovavano migliori risposte quando il gruppo si faceva carico di risolvere i problemi.
Ovviamente si formavano i gruppi dominanti, i gruppi dei sostenitori e la massa dei poco abbienti, si differenziavano mercanti e artigiani, i soldati e i cavalieri, i braccianti e gli abbienti.

Ma ci è rimasta anche l’ammirazione dei popoli greci che sono entrati in contatto con gli abitatori delle terre sulle quali si sono affacciati in successive ondate migratorie.

L’interesse di quella gente di Inessa - Aitna per le pietre di forma sferica fa venire in mente che l’attenzione alla pietra, che aveva fornito attrezzi – lame, punte di frecce, coltelli, falcetti, raschiatoi – indispensabili per la vita di ogni giorno, il materiale per costruire ripari di una certa consistenza, con cui proteggersi e difendersi con un poco di tranquillità dagli eventi naturali e dai fenomeni vulcanici in mezzo ai quali avevano scelto di vivere, ma anche dalla violenza di vicini e di passanti, potrebbe essere nato in tempi più remoti.
I tempi che noi oggi chiamiamo era neolitica.

Nei centri abitati di quell’epoca, che il tempo ci ha conservato e che gli scavi scientificamente condotti consentono di leggere come libri stampati, si acquisiscono le informazioni e le prove delle tesi ipotizzate. La località San Marco (le Salinelle), presso Paternò, mostra e gli studiosi – il prof. Paolo Orsi e la dr.ssa Laura Maniscalco - lo hanno notato, un insediamento di epoca neolitica che ha rilasciato lame di ossidiana e elementi di falcetto in selce e conserva un muro di oltre 13 metri di lunghezza, alto circa 1 metro, interpetrata come un terrazzamento idoneo a sostenere il terreno piano sul quale costruire le capanne del villaggio. È stato calcolata in quattromila anni l’epoca di inizio di quell’attività umana.