14. Centuripe e i ritrovamenti sul versante sud dell'Etna

Inserito in: gchisari@Mar, 14/10/2008 - 19:48 — modificato Mer, 15/10/2008 - 14:36

Nell’area del versante sud dell’Etna esistevano, e sono stati ritrovati nel corso di indagini archeologiche che si sono succedute nei secoli, diversi centri urbanizzati, villaggi e insediamenti più o meno grandi, i quali hanno lasciato tracce più o meno rilevanti.

Citiamo Centuripe, Adrano, Mendolito, Hybla Geleatis (Paternò), Inessa, Lentini, ecc. 

Fig. n. 13. Il profilo dell’abitato di Centuripe ripreso dal piano di Poggio Cocola.

Nel leggere il poderoso volume Memorie Storiche di Centuripe di Filippo Ansaldi, il cui tomo primo fu pubblicato a Catania nel 1871 e ripubblicato da Prospero Cacia presso la casa editrice Edigraf nel 1981, in edizione completa, il problema della localizzazione di Inessa viene affrontato con ricchezza di argomenti, ma ancora sul piano letterario, citando abbondantemente gli antichi autori.
A pag. 48, l’identificazione con i resti allora conosciuti della località Poira, è nettamente affermata.
Si riportano i nomi dell’insediamento: Inessa, Invessa, Etneosia, e anche Aitna o Aetna.

Propinquum Centuripis est oppidulum Aetnae (Strabone, Geografia, lib.6)
Nei pressi di Centuripe c’è la cittadina di Etna.

Merita di essere sottolineato che i governanti di Centuripe inviarono messi ai cittadini di Lanuvio, cittadina nei pressi di Roma, per rinnovare il patto di amicizia e di alleanza, già stipulato in precedenza, in memoria dei legami tra i due popoli. Esiste un frammento di marmo inciso in caratteri greci con termini dorici, che contiene una buona parte del testo di quel patto, rinnovato intorno al II secolo a. C. Il patto si richiama alla comune parentela tra le due comunità, che dava diritto ai cittadini di legarsi in matrimonio e al diritto di reciproca ospitalità. Sono elencati i nomi dei rappresentanti di Centuripe e di Lanuvio che all’epoca sottoscrissero il trattato. 
Non può essere sottovalutato il fatto che in quei tempi, una cittadina come Centuripe, abitata da sicani e da siculi, si preoccupasse di inviare rappresentanti ufficiali a Lanuvio, nelle vicinanze della grande Roma, già centro politico e militare di non poco nome, per rinnovare un antico trattato di amicizia e di mutuo aiuto, ricevendone apprezzamento e conferma.
Va ricordato che Centuripe da secoli era un centro politico rilevante per la zona e per l’intera Sicilia. 

Viene da Centuripe una eccezionale produzione di vasi, decorati in colori vivaci, ritrovati nei secoli scorsi nelle necropoli intorno all’abitato e oggi vanto di numerosi musei nel mondo. Il principe di Biscari li riteneva assai più belli dei vasi etruschi e ne conservava alcuni nella sua raccolta. Un ricca galleria di foto di questi vasi è visibile, oltre che nel locale museo archeologica, sulle immagini del sito internet del Comune di Centuripe

La storia di questo centro registra, tra i tanti, un episodio che ha il profumo dell’attualità.

Si tenne a Centuripe, all’epoca greca, dopo l’arrivo di Timoleonte, una conferenza politica alla quale parteciparono i deputati di numerose città siciliane. 
L’ambasciatore di Agrigento era Gellia, l’uomo più ricco e rappresentativo di quella comunità. Quando Gellia si alzò a parlare, i centuripini si misero a ridere, commentando criticamente la poca statura di Gellia e la sua figura poco aggraziata. Gellia si accorse del comportamento dell’assemblea e accettando lo scherno ribatté dicendo che la sua città usava inviare ambasciatori di bell’aspetto e di imponente statura alle grandi repubbliche, mentre inviava uomini piccoli presso le repubbliche modeste. 

Fig.n. 14. La piana del Simeto in secondo piano, e, in primo piano, l’area oggi conosciuta come masseria Poira e Poggio Cocola, con i materiali portati in superficie dai lavori agricoli, dove probabilmente sorgevano gli abitati di Aitna e Inessa.


Sulla superficie di questo terreno sono stati raccolti dagli archeologi che vi hanno lavorato, grandi frammenti di dolii, anfore, contenitori piccoli e grandi, mattoni da focolare e altro, frantumati nei saccheggi, dal tempo e dall’attività agricola.
Si tratta di grandi frammenti ricoperti di polvere e di terra, sporchi e poco appariscenti. Questo materiale, macinato dalle moderne macchine agrarie, aratri, frese e vomeri meccanici che sollevano dal terreno profondo – anche 70, 80 centimetri – materiale fittile da secoli ricoperto e conservato - gli archeologi usano il termine sigillato- negli strati più profondi, sono riportati in superficie dall’azione meccanica e violenta delle macchine.
Lo studio di questo materiale permette di collocare nel tempo i manufatti e di incardinare nell’evoluzione sociale e culturale le genti che li hanno prodotti, cercati anche altrove, utilizzati per la loro utilità e comodità o anche per la loro estetica o anche come segno di distinzione nel gruppo sociale. 
Sicuramente questi frammenti, nella loro attuale collocazione, non consentono di identificare gli strati archeologici, in pratica le pagine del grande libro dove, dal tempo, sono collocati i fatti e gli avvenimenti. Purtroppo lo sconvolgimento delle pagine, dovuto alle lavorazioni meccaniche del suolo agrario, non consente la corretta lettura da parte degli studiosi, la loro collocazione nel tempo, l’identificazione delle fasi storiche e dell’evoluzione sociale di chi ha abitato quei luoghi.

Fig. n. 15, frammenti del collo di in gran dolio, la cui imboccatura misura circa 90 cm e la cui dimensione in corrispondenza poteva superare 150 cm di altezza. Poteva servire, interrato per conservare liquidi (vino, olio, acqua), oppure in magazzino per conservare cereali al riparo di roditori e altri animali, nel museo di Adrano.